Pioggia dorata

Posted by Annalisa Mazzolari Category: Senza categoria

William tornava a casa da lavoro, stanco e spossato come sempre. Quell’inverno l’aveva tormentato. Le cose in casa non andavano troppo bene; ultimamente i litigi con Lucy erano diventati sempre più frequenti.
Lei non capiva, lui nemmeno. Non si capivano più.

Stavano insieme da quasi un anno ormai, ma da quando avevano preso la decisione di andare a convivere il rapporto era ormai degenerato.
Lei sempre con le sue solite ed inutili preoccupazioni che la assillavano e che le impedivano di vivere veramente, lui trascinato da un silenzio che aveva deciso di conservare pur di non protestare, pur di non farle del male.

Lucy non riusciva a percepire il male come le persone normali. Lo amplificava, ci si buttava dentro, soffriva come una bestia ogni volta che lo incontrava; e William, non avrebbe mai potuto pensare di essere la causa di un’ulteriore preoccupazione, mai. Piuttosto stava zitto. Piuttosto ingurgitava un’altra pillola; piuttosto usciva al lavoro per non pensare alla situazione in casa.
Col risultato che loro due non si vedevano né parlavano più.
Lei non capiva, lui nemmeno.
Non si capivano più.

Ma quella sera qualcosa stava per accadere. William se lo sentiva, o meglio…William voleva che le cose cambiassero. E quella sera le cose sarebbero cambiate.

“Amore sono tornato”
“Ciao tesoro! Tutto bene a lavoro?”
“Tutto bene, ti ringrazio, oggi è stata una giornata particolarmente produttiva. Tu invece? Come ti senti?”
“Mah, non troppo bene in realtà. Mi sono sentita male mentre pulivo le mensole, mi è uscito il sangue dal naso, giramenti di testa, nausea… mi sono dovuta un attimo fermare”
“Avresti dovuto chiamarmi”
“Figurati, niente di preoccupante tesoro. Adesso sto bene”
“D’accordo”
“Ascoltami, prima di cenare, ci sono un paio di cose che dovrei sistemare per il mese giù in Italia. L’agente mi ha scritto chiedendomi di registrarmi a Skype in modo tale che possiamo comunicare qua mentre sarò via. Sai che sono imbranata con queste cose tecnologiche…mi aiuteresti a creare il profilo?”
“Ma certo amore”

Lucy sarebbe stata via un mese o forse più a Roma. Prima di dirlo a William aveva già fatto tutto, preso il biglietto aereo, scelto l’appartamento, senza confrontarsi con lui. William l’aveva accettato, non ne avevano discusso…tutto quello che sarebbe servito alla carriera di Lucy a lui non poteva far altro che piacere. Ma dentro soffriva per quella decisione…avrebbe preferito sentirsi dire “Lo so che è importante per me ma…rimarrò qua, per noi”.
Le cose erano andate così e lui se ne era ormai fatto una ragione. Probabilmente quella distanza avrebbe dato il punto finale a quel rapporto che oramai dalla convivenza non riusciva più a stare in piedi. Sarebbe andata così. Sarebbe finita piano piano ed in sordina.

Ma quella sera a William la sordina stonava.

“Perfetto, allora carico un’immagine del profilo e poi lo attivo, grazie amore”
“Figurati”
“Va tutto bene? ti vedo un po’ spento, rispondi a monosillabi”
“No cucciola, va tutto bene tranquilla”
“Sei sicuro? Non c’è niente che devi dirmi?”

Ancora una volta quella domanda

“Non c’è niente che devi dirmi?”

Andava in loop oramai da 3 mesi. Era chiaro a entrambi che qualcosa doveva essere detto. Ma William, ogni dannatissima volta non trovava quel coraggio…quel coraggio di parlare. Era terrorizzato dall’idea di perdere Lucy, dall’idea di essere abbandonato. Dall’idea di rimanere completamente solo e isolato. Lo era già stato per troppo tempo.
Lucy da canto suo poneva semplicemente un interrogativo: non voleva affrontarlo né tanto meno trascurarlo. Ma almeno se avessero dovuto iniziare una discussione voleva lasciare a lui l’oneroso “la” del dibattito.

“Non voglio che tu parta.”
“Come scusa?”
“Io…preferirei che tu rimanessi qui, con me”
“Ma ne avevamo già parlato, tu non avevi detto niente. Pensavo fossi d’accordo”

Non aveva torto. Lui non le aveva detto niente.

“Hai perfettamente ragione ma…”
“Ma?”
“Qualcosa è cambiato”
“Hai conosciuto un’altra donna sul lavoro, William? Ti sento spesso parlare di questa Emma. La nuova segretaria…”

Era fatta. William aveva dato il via alle danze delle confessioni e non poteva più tornare indietro.

“Si. Ho conosciuto una ragazza e…credo di piacerle.”
“Vorresti frequentarla?”
“Lucy, parliamoci chiaro. Tu te ne andrai via chilometri e chilometri da qua. Già la nostra relazione fa fatica a resistere ora, figuriamoci a stare lontani.”
“No, lo so. Hai perfettamente ragione. Per questo ti dico…va bene sai? Esci pure con lei”
“Si ma…insomma, a te andrebbe bene così? Le cose tra noi cambierebbero te ne rendi conto?”
“Se questo è ciò che ti renderà felice William, è giusto che sia così”
“Ma…”
“Cosa?”
“Vedi, incontrare Emma mi ha fatto capire che il fatto solo che io valuti delle possibilità in alternativa a te Lucy sta ad indicare che ci sono cose da sistemare tra noi. Questi silenzi…questi continui silenzi…non vanno bene e so che lo sai anche tu. Però è anche vero che con te ho vissuto alcuni dei momenti più belli della mia vita. Come quella volta in cui mi hai presentato tua sorella…quella famigliarità per me così estranea …o quella volta su al castello…quando ci siamo sfidati a stare entrambi zitti e non facevamo altro che ridere come deficienti e a scambiarci sguardi. Con quel tuo ombrellino indecente rosso con sopra le rose. Eri meravigliosa e…io ero felice.”
“Anche io ero felice. Non ti puoi immaginare quanto.”
“Lucy, io ti amo. E temo…che nessun’altra donna al mondo potrà mai sostituirti. Dopo tutto quello che abbiamo passato…le tue crisi, le incomprensioni iniziali. Io con te ho vissuto…io con te ho denudato completamente la mia anima e poi te l’ho donata. Insomma, tu…sei tu”
“William…io vorrei stare davvero con te. Ma la verità è che ho paura. Ho paura di tutti questi sentimenti. Non riesco a spiegarmeli, non li capisco…come posso gestirli? Come potremmo?”
“Possiamo, perché questo vuol dire amarsi. Io non vedo ostacoli di fronte a qualunque cosa possa porsi davanti noi. E sai perché? Perché possiamo affrontarla assieme. Ma a questo punto è ovvio. La decisione spetta a te; tu sola puoi scegliere cosa fare del tuo destino”
“Quindi. Ricapitolando: o resto qua e tu accetteresti di passare una vita con me, con tutto questo enorme schifo che sono io. Oppure parto, tu frequenteresti Emma e…beh…a questo punto si parlerebbe di una fine”
“Cazzo Lucy…tu non sei un enorme schifo. Tu sei…unica. Sei semplicemente la persona più vicina ad una stella che sia riuscita a scaldare il mio cuore da quando sono atterrato qui tre anni fa. Lo so che non lo capisci. Lo so che non lo vedi ma…è così. Ti amo per quello che sei. Tu.”

“Grazie…”

Si abbracciarono e poggiavano le loro fronti l’uno sull’altra. In lacrime.

“Io sta notte preferisco stare a casa dai miei. Se tu non hai nulla in contrario”
“Certo William, lo capisco. Ci riflettiamo sopra ok? Ci riflettiamo sopra e ne parliamo meglio domani.”
“D’accordo. Allora vado”

“Vado” ma ancora stavano lì, fronte su fronte.

“Sai William. Temo che tu stia pensando la stessa cosa alla quale sto pensando io”
“E a cosa stai pensando?”

A cosa stava pensando? William sentiva che doveva succedere qualcosa che avrebbe potuto impedirle di partire. E per la prima volta, sentiva che doveva buttarsi e farla accadere.
“Cambierebbe qualcosa?”
“Non ne ho la più pallida idea”

Non successe niente di eclatante rispetto a quanto già nella loro relazione non fosse già accaduto. Semplicemente, si baciarono.
Ma…quel bacio era qualcosa di diverso.
Per William era come se fosse stato il suo primo bacio, il bacio dato alla persona di cui era innamorato. Senza preoccupazioni per il domani, senza nebbie del passato…ora, lì, William la baciava; le guance, la bocca, il collo…rideva. E mentre anche lei lo baciava, gli accarezzava i capelli, gli stringeva i fianchi… percepiva tutte le loro ingombranti catene sciogliersi e i vecchi silenzi spezzarsi.

“Cosa abbiamo fatto?”

Lei aveva capito che quel bacio era una scusa terrena per tenere ancora una volta le loro anime legate in una sola monade. Per non lasciarla scappare. Un pretesto per tenere ancora la loro grande storia aperta.
William…rideva. Mio dio. Quanto si sentiva felice.
“Basta, vado a casa adesso. È davvero troppo tardi e…sono fuori di me.”
“Si, conviene”

Un breve attimo incantato. Finito. Effettivamente neppure William sapeva cosa sarebbe successo poi. Ma aveva ottenuto, quella sera, esattamente quello che si era prefissato di ottenere: la libertà.

E quella fu la notte, quello fu l’istante. William cambiò completamente vita, si trasferì. Alla fine Lucy, per quanto la potesse amare, era fin troppo incasinata nei meandri dei suoi sproloqui da poter pensare di aprire le porte ad una persona che non fosse lei stessa.
William ne soffrì, ci scrisse un libro al riguardo. E le pagine di quel libro gli permettono ogni volta di ricordare che nulla è stato vano, poiché attraverso Lucy, attraverso quel sentimento che aveva provato per lei, era stato in grado di ritrovare sé stesso.

William si trasferì, appunto, conobbe anche un’altra ragazza. Una ragazza che già da quando era insieme a Lucy sperava ardentemente di passare una vita insieme a lui. Finì male anche con lei…sempre per gli stessi problemi…sempre per un’ennesima attrazione alla cura della solitudine. Ma sta volta William, avendo appreso la lezione, non lasciò il suo cuore piangere per gli stessi errori.

Forse il termine usato prima è inappropriato tuttavia. Non accusava la solitudine. William aveva anzi finalmente compreso nelle due relazioni la sua reale importanza; quello che aveva capito non avrebbe mai potuto curare era l’isolamento degli altri. Il silenzio. William odiava il silenzio, non l’aveva mai sopportato. Il silenzio…che non si intende assenza di voce. È l’assenza dello scorrere di un fiume; l’assenza di quella pioggia dorata di emozioni che sia nelle parole che nei gesti non sporcati necessariamente da esclamazioni dovrebbe scorrere tra due amanti. Tra due persone che lasciano aperto il canale delle loro anime. Ma il fiume non scorre di fronte al muro dei pianti. Ed è così che nasce, il silenzio.

William odiava il silenzio.
Lui preferiva sfondare le porte
E cadere, probabilmente sfracellandosi per l’ennesima volta. Ma prima o poi sarebbe atterrato.
O chissà, magari avrebbe trovato gioia nella caduta, trasformandola in un volo libero e solitario, senza fondo.