Trento- “Growing up”

Posted by Annalisa Mazzolari Category: Senza categoria

2019
Ebbene, finalmente posso permettermi di annoverare le vecchie montagne non più tra i tetti casalinghi bensì tra le piste di atterraggio di sporadiche avventure.
Trento oramai è un’amica del passato e dal momento che queste sono giornate di memoria (in senso globale, ma specialmente personale) ho pensato che sarebbe stato bello andare a trovarla.

Domenica sera, preparo la borsa proprio come se stessi per partire alla volta della settimana di lezioni; do un’occhiata al meteo e scorro le foto di via Tommaso Gar imbiancate.
Quale accoglienza audace.
Il mattino del lunedì mi bardo a Omino Michelin e salgo sul treno.

Passando come prassi per la domus eccellente (Vr Porta Nuova) accendo la playlist più adatta in direzione Brennero.

 

 One dot, that’s on or off
Defines what is and what is not

Un punto

Destinazione: Rovereto- Riva del Garda
Credo che qualche cosa sia mutato dall’incoronazione di alloro e ne trovo conferma.
La sento negli abbracci morbidi e calorosi che dichiarano Annalisa sperimentale costruirsi.
La percepisco da una notifica del telefono inaspettata.

 

Two dot, a pair of eyes, a voice, a touch,
complete surprise

Due punti

Attenzione, ho la prova di una conquista: agire pesando il senso delle singole azioni e calibrando bene i loro effetti sulla recettività altrui è un processo che vale allora la pena essere ogni volta compiuto. Perché, che ci crediate o no, succede che nel vasto umano cosmo gli sforzi vengano accolti, ovvio, da chi ha testa e medesima sensibilità aperta e forgiata dalle cicatrici per capirli.

Ne sono felice. Come se stessi portando avanti abbastanza bene la missione che mi sono fissata da anni: irradiare intorno a me un poco di giallo, un poco di sole che, anche se diversamente da prima, paiono scheggiati da qualche ferita di sangue e forse proprio per contrasto col grumo scuro sono più luminosi.

Trascorro un pomeriggio e una serata deliziosi, nelle note di Arabia, intonati con una sorella che tanto mi era mancata. Apro gli occhi e accanto a lei appaiono rose dipinte, dalle quali riesco ad odorare la scia profumata, un respiro sollevato.

11: 30, altro treno; al mio fantasma piace viaggiare lontano nell’ignoto.
Ed eccomi a Trento.

Three dot, a trinity,
a way to map the universe

Tre punti

Come ho detto precedentemente sono rintocchi di memoria.
Per onorarli al meglio ripropongo le esatte movenze musicate per strade che, pestate dalle 365 precedenti, avevano dato il prologo all’opera teatrale.
Questa zuccheriera urbana scavata dal cucchiaio celeste sprigiona tutto il mio affetto; la adoro come mai ero riuscita a farlo quando la vivevo.

La seconda sorella, fiorita nel roseo ciliegio, mi lascia sguazzare nelle risate da mal di pancia. Mamma mia, quanto mi sono sembrate improponibili e distanti.
Tra il dire e il rammemorare rifletto su un pensiero embrione del mattino stesso: “perchè sprecare il tempo con chi sopravvalutiamo?”
Non vi è mai capitato di buttare energie per qualcosa che alla coda di tutta la grande sinfonia si rivela soltanto una delusione? Adesso mettiamola in pace, questa rabbia mista a rassegnazione. Mi spingo a volermi spiegare, testarda, come si possa arrivare ad essere così (stronzi) in ricambio dell’affetto di tanti amici. Davvero, sorvoliamo; il mondo è bello perché è avariato (mi hanno detto). Oramai sette tracce conferiscono onore e gloria ai sentimenti; è sufficiente.

Forse sono davvero cruda ma dinnanzi ad un ventaglio di gratitudine e meritate battaglie accumulate la stanchezza non esita a resuscitare.

Poi tutto ciò mi aiuta in realtà a realizzare una nuova consapevolezza: la differenza tra il fuoco platonico e quello intenso, sincero e vero. Ho toccato entrambi e riesco solo ora a coglierne l’abissale diversità. E ascoltandone la dissonanza mah, vorrei sapere quale tipo di me mai sarei stata per abbracciare la prima, tanto fugace e impalpabile.
Forse ero sempre io, in via di sviluppo. “Loading Annalisa”.

Bene, ultimo step. Prendiamo questo autobus e scoviamo una parte mai toccata della metropoli. Al mio fantasma piace viaggiare così profondo nel tuo spazio.

 

Four dot, is what will make a square,
a bed to build on, it’s all there

Quattro punti

Salire mi lascia percepire le nubi filate in un modo così romantico da scattarci mille fotogrammi, impercettibili col telefono, perciò con occhi.

Arrivo e mi accoglie l’ultima sorella, bocciolo di pesco che dipinge la parete di casa, a sinistra, non appena mi addentro nelle sue mura.
Mi fa tanto strano entrarvi. Un tempo erano pareti ocra, pareti scure, adesso sono candide, ampie e toccate dal crepuscolo. Eppure quelle di prima erano state fondamenta di ricordi e sì, di tante voragini; come quella cadenzata l’anno prima, l’ultima volta in cui misi piede in quella maledetta dimora causa di visioni, ansie, indagini viscerali di castelli psicologici. Maledetta dimora di cadute che adesso avrebbero un sapore di nullità, se solo addietro non avessi dato carburante al lancio del razzo attraverso il forte amore che provavo.

Forse è proprio Amore il dio bastardo che mi permette di non vivere addosso ai rimpianti.
Dite che mi converrebbe ringraziarlo?
Ma a parte questo, ascolto e mentre rimango in silenzio realizzo di quanta strada abbia salito, in così troppo poco tempo, e che forse dovrei smettere di cercare di sistemarmi e di vagare alla ricerca di “un luogo per riposare”.

Aspetto al freddo il bus per tornare in stazione, ma non soffro come prima la tormenta; probabilmente per il muscolo appena scaldato dalle serene carezze, ma forse perché sì, lo riconosco…ho dato tanta legna da ardere al caminetto ultimamente. Alimentare il focolare mi rendo conto che richiede davvero sacrificio ma, per lo meno, combatte il gelo, ed in quell’istante me ne rendevo conto.

Crescere
Cercare un posto dove vivere

Se esiste un caposaldo imparato ho paura sia questo: non siamo altro che apolidi, fantasmi alla ricerca. E chi è in grado di accogliere questa verità spesso si auto-trascina alla corte di un nemico: il vuoto. Ci bado con maggior frequenza ultimamente e per superarlo mi metto in testa di dovere rendere conto di qualcosa a qualcuno. Poi ricordo che siamo tutti quanti stranieri abitanti la stessa barca, perciò ecco, esiste una sola persona alla quale devo rendere di conto, ovvero me stessa.

Aaaah che strazio, la vita eterna con sé stessi; come diavolo faccio a capire cosa voglio se ancora sono alla rincorsa forsennata di una stella? Se ancora non capisco come condurre questa baracca che porto appresso come un guscio? Sono un’amante della dimora? Sono una pesca viandante? Una libellula solitaria? Una dama in cerca di cavaliere?

Forse le domande sono troppe e assordanti e forse la riposta la posso cercare nel momento in cui me ne starò in pace e zitta.

Bhe nel corridoio c’é un lungo tavolo in legno
sul tavolo c’é un libro aperto
nelle pagine c’é un disegno dettagliato
e nel disegno c’é il nome che ho preso

Joan Quille

Sì me ne dimentico. Ho già scelto inconsciamente, per le stesse vie di Trento, di essere qualcuno e mi sto costruendo. Come da piccola alla domanda “cosa sono io?” trovai il responso scontato in“Annalisa”, ad oggi dovrei ripercorrere lo stesso processo.

Il mio scopo è quello citato prima, rimane invariato. Dipingere il giallo. La questione è: come? Da cosa posso trarre la mia pittura? Da chi ho deciso di cantare.

E quindi definirmi… parrebbe il nuovo compito da casa. Scoprire cosa vorrebbe non più solo Annalisa ma anche Joan Quille. Perché quando sono davanti ad una classe di ragazzi che chiedono di raccontare la sua storia sono sempre un po’ titubante nel rivelarla. Non lo so, io osservo ancora un fiore in desiderio di approdo.

 

Il respiro si ferma, non so quando
in transito ancora una volta
una tale lotta attraverso questi cambiamenti
e tutto sembra cosi assurdo
volare come un uccello
quando non sento di essere davvero atterrato qui

Eccola, grazie Peter.

C’è di diverso che sto studiando qualcosa di nuovo, non più filosofico; un genere musicale che mi obbliga a non pensare. Lasciare andare. Cercare la leggerezza. Andare di contro. Sporcare. La lezione di oggi mi ha entusiasmato. E la leggerezza, la luce, forse ha pure un’identità: la divinità bastarda chiamata prima in causa.
Va bene allora, oggi io mi scelgo una religione, quella di Amore, che parrebbe la più funzionale.
Sono un po’ scema perché è anche quella più difficile da seguire ma TOO LATE.
Perché se a rispondergli poi si ottengono: rose, messaggi fraterni, fiori di ciliegio e fiori di pesco…e tanto altro…un nucleo, una famiglia…allora forse un giorno mi sarà utile al fine di interrarmi in un posto fertile.

Alla fine si tratta solo di crescere, cambiare quello che percorriamo.Tutto nella norma, suppongo.
L’obbiettivo prossimo è quello di imparare  le canzoni di Joan Quille (non solo in senso metaforico eheh).
Joan, che è comunque nata a Trento, e questo non potrà essere dimenticato. Joan che è germogliata passando per altri rifugi e maturerà ancora. Joan che dovrebbe dare maggior valore al presente, senza troppo timore del vuoto. Che dovrebbe sdrammatizzare un po’. Via il passato, via il futuro.
Solo ritmo, jazz, improvvisazione. Il dio Amore. Cercherò quel giallo da questa tavola di valori.

E poi boh, vi farò sapere come andrà.
Chissà che album ne uscirà.
Come si è soliti in gergo dire: stay tuned. Stay daffodils.