CORO:
Voce
Date ad Antigone la sua voce
In chi lei, turbata, dovrebbe riconoscersi?
Parole di Emone, Ismene, Creonte
Famigliari forestieri
Non la conoscono per davvero
Eppure dovrebbero soltanto ascoltarne le liriche
Il canto
Cosa sussurra la sua canzone?
Un atto folle
Non compreso
L’essere donna
L’impegno a riconsegnare la speranza al grembo d’origine
Che la principessa contempla nel risplendere solitario
Come se si guardasse allo specchio
Antigone canta alla sorella che ancora non custodisce il bello d’amare
Forse troppo tenera
Canta allo sposo che l’ha seguita in fede, abbracciandola nella tomba
E a Creonte, tiranno pieno d’ego, che continua a poetare fantasticamente con sé stesso
Si rivolge a Ismene, dalla paura comprensibile
Dicendole che è normale, aver paura di morire
Perciò la lascia andare
Non la odia, in fondo
Nonostante non sia al suo fianco in battaglia
La saluta con un gesto d’affetto
“Ismene, spero che un giorno ascolterai le mie canzoni
E che ti risveglierai sapendo
Che è la parola l’arma che più vale
Quella che libera le nostre emozioni
Spezza le catene della paura
A quella anche tu ti devi affidare
Per essere donne
Senza aver dubbio di esserlo”
Antigone va, il re l’attende
Ancora ha un round da giocare
Sé stessa da scommettere
“Emone, Emone
Sei ciò che più ho amato
Raggiungimi nella madre
Dove l’infanzia con te ho scovato”
Dice Antigone
Nelle lacrime da bambina
Ricordano di quel dorato del grano
Del vento caldo, della musica degli ulivi
E il mare che piccola osservava
L’amata terra greca
Che sa di miele e dolcezza
Come le labbra di Eros
Al quale si sacrifica
Commettendo il folle gesto.
(Antigone, fiore della vita– CAPITOLO II)