Alleluja, Tutti Jazzisti!

Posted by Annalisa Mazzolari Category: Senza categoria

La vita è un po’ come il jazz

viene meglio quando si improvvisa

 

George Gershwin con questa affermazione ormai celebre ci ricorda quale groove sia necessario a noi povere menti intrappolate nella quotidianità per riuscire a cogliere quel sano irrazionale senso ritmico che cadenza l’imprevisto.

A cosa pensiamo quando ci suonano in orecchio prepotenti le trombe di una big band? Forse ad un vecchio quartiere di New Orleans, forse ad un nero in giacca con in mano un saxofono, forse agli aristogatti che intonano “tutti quanti voglion fare il jazz”.

Sono  immagini catturate dal pensar comune ma che sicuramente non esauriscono il significato dietro la frase detta da George.

 

Come ogni musicista al quale piace dedicare il proprio tempo a riempirsi di domande mi sono spesso interrogata su quale fosse la corrente che meglio riuscisse a trasportare la mia indole artistica; ho sperimentato la lirica, il pop, il rock…ma una voce (la mia) tramava sempre in sottofondo qualcosa che richiamasse di più il soul. È successo così che, nell’incidere il mio primo disco, in mezzo alle tracce leggere ci ho piazzato dentro un bluesettone, “Lacrime buie”. Tanto per vedere e sperimentare…perché sentivo che quella era la strada che meglio riuscivo a seguire per parlare delle mie emozioni. Così è stato.

Non per anticipare e spoilerare in maniera inappropriata ma, alla luce di ciò, ho impostato anche alcune delle canzoni del nuovo album su un gusto un poco più “nero” … e non mi dispiace.
Un giorno mi sono perciò fermata e mi sono chiesta: ma perché non andare più a fondo di questo universo? Il Jazz…cosa mai potrei ricavarne se dovessi affrontarlo con uno studio tecnico?

Ho deciso perciò di prendere lezioni di canto e di pianoforte, di prendere lezioni di canto e pianoforte jazz, e di immergermi nel suo beat dionisiaco.
Studiare mi ha concesso anche di comporre un poco una nuova colonna sonora che per la prima volta non poggiasse più sul battere ma sul levare… iniziare a vivere lasciandomi guidare da una nuova danza. È stato così che ho fatto mio e ho compreso il motto gershwiniano. Prima di cedervi la mia interpretazione al riguardo è necessario però chiarire che cosa si intende quando si parla di “improvvisare”.

 

Viene facile pensare che l’improvvisazione non sia dotata di disciplina, che sia sufficiente lasciarsi guidare dal proprio orecchio e piazzarci qualche nota sopra a sentimento. Non è totalmente errato ma ecco la cosa che ho avuto modo di scoprire, la chiave che a mio parere riesce a rendere l’improvvisazione un gioco fantastico: esistono delle regole, esistono degli schemi. Ben fissi, come delle solide fondamenta, senza le quali non è possibile costruirci una casa sopra. All’inizio questa “scoperta” mi ha portata a dire “eh ma che palle anche qua devo ritornare a passare le ore ed ore davanti ad un metronomo a calcolare la coincidenza precisa tra ottave e click, mettermi alla tastiera e memorizzare le scale”. Dopo lamentele varie me la sono messa via e ho studiato, fino a quando sono arrivata a esibirmi live con un brano del mio repertorio che, nel momento in cui lo cantavo, constatavo suonare in una veste completamente nuova.
Nel momento dell’esecuzione non pensavo a cosa dovevo fare…semplicemente avevo assimilato dentro le fondamenta, potevo librarmi nella danza…e non mi ero mai sentita così libera prima di allora.

 

Ho potuto buttare nel brano tutta la mia passione come mai sono riuscita a fare …forse proprio perché avendo codificato bene le regole ormai non avevo più bisogno di pensarci troppo.
Non pensavo…sentivo. E mai prima d’ora mi era capitato ciò durante un’esibizione.

E così come nel canto, anche nel mio essere ho iniziato ad adottare lo stesso approccio.

Nella crescita ci vengono consegnati dei valori, delle norme educative, che continuiamo a sviluppare grazie alla serietà e al lavoro; d’improvviso accade l’inaspettato: un lancio svincolato dove non temi la caduta, perché sotto sei protetto dai princìpi sicuri. Iniziano a capitare delle occasioni che non sono tuttavia casuali ma appaiono essere la somma di tutto lo sforzo che hai compiuto e continui a compiere mettendo in discussione te stesso e ciò che ti circonda. Questo è: improvvisare

 

Penso che quel rapsodo in blue volesse dirci in fondo: è sempre meglio improvvisare, ma lo puoi fare solo nel momento in cui riesci a divenire un improvvisatore…ruolo che non tutti quanti riescono ad adempire.

Forse il segreto più nascosto per diventare uno di loro è trovare il giusto mix tra ciò che ti suggerisce di fare la testa e ciò che si intestardisce di fare il cuore, il giusto accordo, la giusta armonia tra questi due signori.

Ed è così che infine potremmo tutti quanti dire

Che vogliamo fare il jazz

Perché resister non si può

Al ritmo del jazz